“Hotel Tevere” is a project rooted in a personal and intimate perception of the encounters and emotions that flow along the banks of the Tiber River. The scenes are often a murky blend of naturalistic glimpses and man-made landscapes, shrouded in the delightful tales of those who inhabit them.

The river, 405 km long, flows through four regions: Emilia-Romagna, where it originated only 100 years ago; Tuscany, where it arrives weak and swells and swells; Umbria, which splits in two along its entire length; and Lazio, its final stop, before diving into the Tyrrhenian Sea.

The scenes must attract the eyes and the soul and capture their interest

with the same spirit that inspired Dante Alighieri. With his bucolic tale of a dawn, the Supreme Poet sang of the banks of the Tiber in Canto II of Purgatory, “Where the Tiber’s water becomes salty.”

There, where the river flows into the Tyrrhenian Sea, flows the imaginary line and the natural boundary of perfect balance, separating and blurring the mouth and the sea.

It is the dichotomy of the waters that marks the end of this journey. The landscapes, born as ideal harmony, take on dystopian perspectives, and the aspirational narrative, an irrepressible quest for beauty, becomes urgent as an expression of preservation.

“Hotel Tevere” è un viaggio reale, fisico ma anche spirituale, riflessivo, stimolato da una curiosità personale: intime visioni e abbacinanti incontri scorrendo le sponde del Fiume Tevere.

Sono ricordi nostalgici, frammenti di un remoto , maestoso vigore, intrecciati a vibranti brani di contemporaneità, volti a vivacizzarne l’essenza.

Il fiume, lungo 405 km, attraversa quattro regioni: l’Emilia-Romagna, dove ha origine la sua sorgente dal 1923, prima di quella data quel territorio rientrava nel confine toscano; la Toscana, dove arriva debole e si gonfia sempre di più; l’Umbria, che si divide in due per tutto il suo corso; e il Lazio, sua ultima tappa, prima di tuffarsi nel Mar Tirreno.

Gli scenari che incantarono anche Dante Alighieri. Con il suo racconto bucolico di un’alba, il Sommo Poeta cantò le rive del Tevere nel Canto II del Purgatorio, “Dove l’acqua del Tevere si fa salata”.

Lì, dove il fiume sfocia nel Mar Tirreno, scorre la linea immaginaria e il confine naturale dell’equilibrio perfetto, separando e confondendo la foce e il mare.

È la dicotomia delle acque a segnare la fine di questo viaggio. I paesaggi, nati come armonia ideale, assumono prospettive distopiche e la narrazione aspirazionale, un’irrefrenabile ricerca di bellezza, diventa urgente come espressione di conservazione.